Cosa succede a chi mangia salmone di allevamento? Ecco la verità

Il salmone è presente in numerose diete e regimi anche a carattere specifico, essendo uno dei prodotti ittici di maggior diffusione ed apprezzamento, tanto per il sapore che cambia radicalmente anche a seconda di numerose preparazioni e ricette ma anche dal punto di vista meramente legato al contenuto nutrizionale che presenta.

Anche per chi è meno legato al pesce, il salmone può fare la differenza e costituire un importante fonte di elementi estreamente ricco. Di contro questa specie presenta una presenza meno spiccata in termini quantitativi ed è meno sostenibile oggi rispetto al passato consumarne in quantità, anche per questo si da più importanza alla provenienza.

Le principali sono il salmone di allevamento e quello “selvaggio” che presenta una conformazione che può essere di sotto specie ma anche legate al comportamento ed alimentazione, causate anche da differenze di habitat piuttosto rilevanti. Quali sono però le differenze in termini di effetti sull’organismo per chi mangia salmone di allevamento?

L’apprezzato salmone

Il salmone fa parte di un contesto di pesci ossei che possono essere sia marini sia di acqua dolce, un tempo diffusi prevalentemente in ogni acqua sufficientemente temperata, mentre oggi è soprattutto allevato, prendendo in considerazione le varietà spiccatamente concepite per l’alimentazione umana, quindi quelle da allevamento vero e proprio.

La versione maggiormente diffusa è quella atlantico, perchè si trova nativamente da oramai molti decenni ancora in ottime quantità proprio nell’oceano atlantico. Ha numerose proprietà estremamente importanti: ricco di proteine e grassi in particolare insaturi, dove sono distinti i famosi del gruppo Omega, è considerato estremamente benefico per cuore, sistema nervoso e cervello.

Ha un gusto molto variabile e questo permette al salmone di accomnarsi avarie preparazioni e nelle giuste modalità può essere consumato anche crudo (all’interno di prodotti come la tartar, sushi o sashimi). Proprio perchè il costo, pur sensibilmente alto, è in calo rispetto al passato, la richiesta è alta ed è anche per questo che esistono le varianti da allevamento e selvagge dette anche pescate.

Che differenze ci sono?

Cambia l’habitat ma anche il tipo di alimentazione: generalmente le condizioni sono tali che le differenze sono anche estetiche e di consistenza. Il pesce di allevamento spesso ha un costo meno alto perchè viene cresciuto in acquacultura, si trovano questi presso le isole britanniche ma anche ad esempio in varie nazioni del nord Europa.

Quello pescato o selvaggio arriva generalmente direttamente dall’Atlantico ed ha una disponibilità anche fisicamente più ridotta perchè naturalmente questi animali non sono sempre presenti in quantità importanti. Generalmente questo ha un costo maggiore ma ha una consistenza più compatta, un colore più acceso e più striature di grasso di quello allevato.

Le differenze sono dovute all’attività diversa ma anche dall’alimentazione, in natura questi animali si nutrono di crostacei ed altri pesci più piccoli, in allevamento hanno possibilità esclusiva o quasi di mangiare elementi come mangimi composti da sali minerali e vitamine, questo comporta una carne meno compatta e meno striature di grasso.

Cosa cambia?

Dal punto di vista del pregio della carne tanto, il gusto è meno importante in quello allevato ed anche dal punto di vista dell’impatto sulla salute il salmone allevato non “fa male” ma fa “meno bene” , in quanto ha una struttura muscolare meno sviluppata e viene considerato meno ricco di acidi grassi come gli Omega 3, inoltre gli integratori lo rendono leggermente meno digeribile.

Anche il salmone si “trasforma” in quello che mangia, per questo motivo è importante esaminare anche le etichette che devono disporre di certificazioni di buona qualità, in quanto il problema dell’acquacoltura intensiva è un problema soprattutto per l’ambiente, essendo la richiesta più che raddoppiata negli ultimi 20 – 30 anni di questo apprezzato pesce.

Le sigle sono ASC e MSC, che sono già una buona forma di qualità, frutto di allevamenti comunque meno intensivi e meno dannosi per gli animali che spesso sono condizionati addirittura a compiere atti di cannibalismo in condizioni difficili e sono anche più indeboliti da malattie e parassiti come il pidocchio di mare, un animaletto che può decimarne le quantità.

L’importanza del consumo sostenibile

Quindi è bene non incentivare allevamenti ai limiti della legalità semplicemente attratti da un costo più ridotto. Il salmone allevato viene considerato in rapida diffusione anche perchè, banalmente, la richiesta è così alta che le società sono spinte ad allevarne ancora, ed è una specie che non può essere a rischio di estinzione, per ora, ma si trova già in pericolo.

Anche dal punto di vista della biodiversità ambientale, ancor prima di ciò che finisce nel nostro stomaco, è essenziale preservare anche nel nostro piccolo il salmone, che in cucina può essere anche consumato fino a 3-4 volte a settimana in vari modi, per questo va tutelato e protetto nelle nostre possibilità effettive, al fine di poterlo garantire anche agli altri.

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